Nel suo manualetto “L’arte di essere felici” Arthur Shopenhauer indica con 50 massime, che descrivono il suo pensiero in modo lucido e a tratti ironico, la strada per raggiungere la felicità. In questo post una delle massime del filosofo esistenzialista.
Siamo tutti nati in Arcadia, tutti veniamo al mondo pieni di pretese di felicità e di piaceri, e nutriamo la folle speranza di farle valere, fino a quando il destino ci afferra bruscamente e ci mostra che nulla è nostro, mentre tutto è suo, poiché esso vanta un diritto incontestabile non solo su tutti i nostri possedimenti e i nostri guadagni, ma anche sulle nostre braccia e le nostre gambe, sui nostri occhi e sulle nostre orecchie, e perfino sul nostro naso al centro del volto. Poi viene l’esperienza e ci insegna che la felicità e i piaceri sono soltanto chimere che un’illusione ci mostra in lontananza, mentre la sofferenza e il dolore sono reali e si annunciano direttamente da sé, senza vbisogno dell’illusione e dell’attesa. Se il suo insegnamento viene messo a frutto, smettiamo di cercare la felicità e i piaceri e ci preoccupiamo solo di sfuggire per quanto possibile alla sofferenza e al dolore. (“L’uomo saggio non persegue ciò che è piacevole, ma l’assenza di dolore”, cfr. Aristotele, Etica Nicomachea, VII,12,1152b 15-16). Ci rendiamo conto che il meglio che il mondo ci può offrire è un presente sopportabile, quieto e privo di dolore: se esso ci è dato sappiamo apprezzarlo, e ci guardiamo bene dal guastarlo aspirando senza posa a gioie immaginarie o preoccupandoci con timore di un futuro sempre incerto, che, per quanto lottiamo, rimane pur sempre nelle mani del destino. Inoltre: perché mai dovrebbe essere folle preoccuparsi sempre di godere il più possibilew dell’unico, sicuro presente, se la vita intera altro non è che un frammento più grande di presente, e come tale assolutamente transeunte?