HEGEL. Ciò che è razionale è reale, ciò che è reale è razionale

Georg Wilhelm Friedrich HEGEL

Hegel nasce a Stoccarda da famiglia agiata. I primi studi a Tubinga lo vedono interessato alla teologia, conosce Holderlin e Schelling con i quali condivide la passione per le vicende della Rivoluzione francese, in un ambiente prettamente romantico. Successivamente, constatato il fallimento della rivoluzione ormai sfociata nel Terrore, cambia atteggiamento politico orientandosi verso un più deciso conservatorismo. Continue reading

Il ricordo in frasi famose di Wilde e Kierkegaard

“Nessun maggior dolore che ricordare del tempo felice nella miseria” risponde Francesca a Dante che le chiede di raccontare la sua storia o come scrive Vincenzo Cardarelli “I ricordi, queste ombre troppo lunghe del nostro breve corpo, questo strascico di morte che noi lasciamo…”

Il ricordo, sia esso di un amore finito o di un amico perduto o anche di un momento felice, si associa quasi sempre alla malinconia. Ricordare ci riporta sempre al passato e fa emergere il rimorso per quel che potevamo fare e non abbiamo fatto, ci obbliga ad un giudizio impietoso su noi stessi e ci mostra quanto raramente abbiamo imparato dalla esperienza precedente.

Soren Kierkegaard, il filosofo danese vissuto nella prima metà dell’ottocento e Oscar Wilde lo scrittore irlandese vissuto nella seconda metà dello stesso secolo, morti entrambi giovani, si esprimono così sul “ricordo”.

  • Il ricordo è un consolatore molesto.
  • Il ricordo è un’ombra che non si può vendere, anche nel caso in cui qualcuno volesse comprarla!
  • Il ricordo è un traditore che ferisce alle spalle.
  • Ci vuole più coraggio per dimenticare che per ricordare.

Sören Kierkegaard

  • Si può sopravvivere a tutto al giorno d’oggi tranne che alla morte, e si può far dimenticare ogni cosa eccetto una buona reputazione.
  • L’istruzione è cosa ammirevole, ma ogni tanto ci farebbe bene ricordare che non si può mai insegnare quel che veramente vale la pena di conoscere.
  • Nulla è pericoloso quanto l’essere troppo moderni. Si rischia di diventare improvvisamente fuori moda.

Oscar Wilde

Gli ordinari deliri quotidiani

Non passa ormai giorno senza una catilinaria contro la Magistratura persecutoria. L’onore della cronaca spetta talora anche alla scuola.

Il dramma principale non sta tanto nelle esternazioni in se’, quanto nel consenso che l’accompagna, a riprova che distinguere il generale dal particolare e’ impresa ardua. Gli spettatori di questi spettacoli da baraccone sono, come mostrano impietosamente i filmati che vengono mandati in onda, persone non più giovani persuase che respirando l’aria del potere, possono creare qualche vantaggio per loro stessi o per chi sta loro vicino.

Ci piacerebbe appartenere a quella esigua minoranza di persone, alle quali appartenne ad esempio Giorgio Gaber, capaci di sapere leggere il presente e quindi prevedere cosa ci sia dietro l’angolo.

Si tratta degli ultimi colpi di coda di un leone morente, oppure potremmo attenderci che tra qualche giorno il Parlamento, così come si e’ assoggettato a riconoscere che Ruby era nipote di Mubarak, non farà fatica a trovare una maggioranza di responsabili o di minus abens che senza pudore riconoscerà che chi tocca il sovrano va condannato alla forca.

Gli esempi degli ultimi mesi non sono incoraggianti. Di fronte all’escalation delle esternazioni del nostro premier non si scorgono da nessuna parte scatti di orgoglio; al contrario la Fifa blu’ di quello che potrebbe essere il destino personale già tra qualche mese, ha paralizzato quelle poche sinapsi ancora rimaste attive.

In tanti ridono. Attendiamo con fiducia che una generazione di giovani interrompa quest’aria di insana allegria.

Un post è come una bottiglia nell’oceano

Tutte le volte che scrivo un post, mi sento come quel naufrago che mette il suo messaggio dentro una bottiglia e la lancia nell’oceano in balia delle correnti nella speranza che qualcuno la trovi e legga.
L’oceano Internet è così pieno di bottiglie che la probabilità che qualcuno veda le nostre è davvero molto scarsa.
Tuttavia non bisogna perdersi d’animo. (Francesco Musacchia)

Poesie d’amore di Pablo Neruda: Ode al primo giorno dell’anno

Lo distinguiamo dagli altri
come
se fosse
un cavallino
diverso da tutti
i cavalli.
Gli adorniamo
la fronte
con un nastro,
gli posiamo
sul collo sonagli colorati,
e a mezzanotte
andiamo a riceverlo
come se fosse
un esploratore che scende da una stella.

Come il pane assomiglia
al pane di ieri,
come un anello a tutti gli anelli:
i giorni
sbattono le palpebre
chiari, tintinnanti, fuggiaschi,
e si appoggiano nella notte oscura.

Vedo l’ultimo
giorno
di questo
anno
in una ferrovia, verso le piogge
del distante arcipelago violetto,
e l’uomo
della macchina,
complicata come un orologio del cielo,
che china gli occhi
all’infinito
modello delle rotaie,
alle brillanti manovelle,
ai veloci vincoli del fuoco.

Oh macchinista di treni
sboccati
verso stazioni
nere della notte.
Questa fine
d’anno
senza donna e senza figli,
non è uguale a quello di ieri, a quello di domani?
Dalle vie
e dai sentieri
il primo giorno, la prima aurora
di un anno che comincia,
ha lo stesso ossidato
colore di treno di ferro:
e salutano
gli esseri della strada,
le vacche, i villaggi,
nel vapore dell’alba,
senza sapere
che si tratta
della porta dell’anno,
di un giorno
scosso
da campane,
fiorito con piume e garofani.

La terra
non lo
sa:
accoglierà
questo giorno
dorato, grigio, celeste,
lo dispiegherà in colline
lo bagnerà con
frecce
di
trasparente
pioggia,
e poi
lo avvolgerà
nel suo tubo,
lo conserverà nell’ombra.

Eppure
piccola
porta della speranza,
nuovo giorno dell’anno,
sebbene tu sia uguale agli altri
come i pani
a ogni altro pane,
ci prepariamo a viverti in altro modo,
ci prepariamo a mangiare, a fiorire,
a sperare.
Ti metteremo
come una torta
nella nostra vita,
ti infiammeremo
come un candelabro,
ti berremo
come
se fossi un topazio.

Giorno
dell’anno
nuovo,
giorno elettrico, fresco,
tutte
le foglie escono verdi
dal
tronco del tuo tempo.

Incoronaci
con
acqua,
con gelsomini
aperti,
con tutti gli aromi
spiegati,
sì,
benché
tu solo
sia
un giorno,
un povero
giorno umano,
la tua aureola
palpita
su tanti
cuori
stanchi,
e sei,
oh giorno
nuovo,
oh nuvola da venire,
pane mai visto,
torre
permanente!

Testo in lingua spagnola
Oda al primer día del año

Lo distinguimos
como
si fuera
un caballito
diferente de todos
los caballos.
Adornamos
su frente
con una cinta,
le ponemos
al cuello cascabeles colorados,
y a medianoche
vamos a recibirlo
como si fuera
explorador que baja de una estrella.

Como el pan se parece
al pan de ayer,
como un anillo a todos los anillos:
los días
parpadean
claros, tintineante, fugitivos,
y se recuestan en la noche oscura.

Veo el último
día
de este
año
en un ferrocarril, hacia las lluvias
del distante archipiélago morado,
y el hombre
de la máquina,
complicada como un reloj del cielo,
agachando los ojos
a la infinita
pauta de los rieles,
a las brillantes manivelas,
a los veloces vínculos del fuego.

Oh conductor de trenes
desbocados
hacia estaciones
negras de la noche.
este final
del año
sin mujer y sin hijos,
no es igual al de ayer, al de mañana?
Desde las vías
y las maestranzas
el primer día, la primera aurora
de un año que comienza,
tiene el mismo oxidado
color de tren de hierro:
y saludan
los seres del camino,
las vacas, las aldeas,
en el vapor del alba,
sin saber
que se trata
de la puerta del año,
de un día
sacudido
por campanas,
adornado con plumas y claveles,

La tierra
no lo
sabe:
recibirá
este día
dorado, gris, celeste,
lo extenderá en colinas,
lo mojará con
flechas
de
transparente
lluvia,
y luego
lo enrollará
en su tubo,
lo guardará en la sombra.

Así es, pero
pequeña
puerta de la esperanza,
nuevo día del año,
aunque seas igual
como los panes
a todo pan,
te vamos a vivir de otra manera,
te vamos a comer, a florecer,
a esperar.
Te pondremos
como una torta
en nuestra vida,
te encenderemos
como candelabro,
te beberemos
como
si fueras un topacio.

Día
del año
nuevo,
día eléctrico, fresco,
todas
las hojas salen verdes
del
tronco de tu tiempo.

Corónanos
con
agua,
con jazmines
abiertos,
con todos los aromas
desplegados,
sí,
aunque
sólo
seas
un día,
un pobre
día humano,
tu aureola
palpita
sobre tantos
cansados
corazones,
y eres,
oh día
nuevo,
oh nube venidera,
pan nunca visto,
torre
permanente!

Vademecum per vincere le elezioni

Poco meno di cinque secoli fa William Shakespeare scriveva che “Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio”.

Per adattarla a molti politici di oggi basta sostituire la parola saggio con la parola furbo.

Uno degli ostacoli più difficili da sormontare è di convincerli che quando parlano con un cittadino qualunque non si trovano sempre dinanzi a degli imbecilli che pendono dalle loro labbra.

Regola numero uno perciò “Rispetto dell’interlocutore”.

Nel 2006 dopo 5 anni di governo ininterrotto di Berlusconi, Prodi riuscì a vincere le elezioni. Berlusconi, rispetto al suo avversario, aveva il vantaggio di quasi tutte le TV pubbliche e private fossero esse nazionali o locali ed un certo numero di giornali riconducibili al suo gruppo economico finanziario. Prodi dalla sua aveva soltanto un programma elettorale. La gente giudicò più credibili i lievi bisbigli di Prodi delle rumorose grancasse berlusconiane.

Regola numero due “Per vincere una battaglia non basta avere le armi, bisogna saperle usare” Continue reading

La precarietà e’ un disvalore

Sul tema della precarietà interverremo ancora nei prossimi giorni. Finalmente, dopo anni di esaltazione della precarietà come fattore per lo sviluppo della libera impresa, sembra che siamo alle porte della scoperta dell’acqua calda. La precarietà non sarebbe un valore, ma al contrario un freno alla crescita anche della stessa libera impresa. Sorprende che la tesi dell’occupazione stabile sia stata contrastata anche dai Soloni della Confindustria i quali evidentemente hanno fatto una perniciosa confusione tra i principi e le loro deviazioni. Non volendo esercitare un’azione di controllo per non entrare in contrasto con poteri quali quello politico in particolar modo nel pubblico impiego e quello sindacale nell’azienda privata, i gruppi dirigenti hanno preferito abdicare ai loro doveri di governo e ad assumersi le responsabilità dovute, lasciando deteriorare il sistema e ritenendo che la soluzione potesse passare dal disporre di dipendenti da avvicendare con alta frequenza.
Un recente articolo comparso sul Corriere della sera a firma di Montezemolo, Rossi e Ichino, comincia a mettere in dubbio che il precariato sia un bene per l’economia. Vorremmo dire che ad identica conclusione eravamo arrivati senza essere così titolati e sulla base di quattro riflessioni della serva.
Chi e’ precario e quindi afflitto dall’incertezza del domani e’ portato ad un comportamento più cauto nel decidere i propri consumi. Una camicia con il colletto in parte liso, ritarderà a sostituirla con una nuova adottando qualche stratagemma che nasconda i difetti dell’usura. I produttori di camicie ne venderanno una in meno ed a catena i commercianti ne venderanno una in meno, avranno meno risorse per una serata in trattoria con gli amici e cosi’ via di seguito. Se il discorso si estende a tutti i consumi che vengono ridotti, e’ facile immaginare gli effetti sull’intero processo produttivo.
Su questo tema torneremo presto perché merita di essere approfondito.

Gli italiani e la comunicazione

“Tutti vogliono esser capiti, ma pochi sanno farsi capire.” (Roberto Gervaso)

Piero Ottone racconta di avere visitato una mostra ___ e …. di non averci capito niente.

L’allestimento era bellissimo addirittura suggestivo, la comprensione era affidata a piccoli cartoncini che con caratteri minuscoli spiegavano il significato delle varie unità esposte.

Questi cartoncini in buona sostanza erano un invito alla loro “non lettura”.

Ottone da questa esperienza ricava un fenomeno più generale che individua “tutto italiano”, l’indifferenza di chi comunica ad essere compreso quasi un atto di spregio di chi sa verso chi non sa.

Esemplifica ricorrendo alla sua professione, il giornalismo, dove rileva che questo fenomeno è quanto mai diffuso. Nelle occasioni in cui un evento si prolunga nel tempo e quindi bisogna scriverne più giorni consecutivi, ben difficilmente chi ha perso la lettura dei primi 3 articoli è in grado di comprendere il quarto.

Che questo fenomeno sia realmente connaturato con noi lo possiamo desumere tanto riflettendo su alcuni episodi della nostra vita che ce ne danno testimonianza diretta, sia ricordando qualche modo di dire quale ad esempio “Il professor Mario Rossi è bravissimo, peccato che quando spiega non si capisca niente”.

Voglio ricordare un episodio che risale al lontano 1969 nel pieno delle proteste giovanili del cosiddetto “sessantotto”. Continue reading

Le Leggi del marketing: 22 e immutabili

Finchè il marketing rimarrà la scienza e l’arte di stimolare il mercato a scegliere i nostri prodotti piuttosto che quelli dei nostri concorrenti si potrà essere d’accordo con i ricercatori Jack Trout e Al Ries che le sue leggi sono immutabili. Questa teoria fu presentata nel 1994 nel libro “Le 22 leggi immutabili del marketing“. Si può osservare che dopo il 1994 è esploso Internet che potrebbe avere modificato lo scenario. In parte ciò è vero perché Internet non si è limitato a mettere a disposizione un nuovo strumento di comunicazione come avvenne con l’invenzione della stampa, ma consente, ciò che prima non era possibile, di misurare con precisione assoluta gli effetti di una campagna di marketing. Le regole e i principi tuttavia non sono cambiati e c’è da ritenere che non cambieranno fino a quando non muterà il significato della parola marketing. Continue reading