Poesie di Pablo Neruda: Ode alle alghe dell’oceano
Non conoscete forse
gli sgranati
versanti
dell?oceano.
Nella mia patria
è la luce
di ogni giorno.
Viviamo
nel filo
dell?onda,
nell?odore del mare,
nel suo stellato vino.
A volte
le onde
le alte
portano
nel palmo
di una
grande mano verde
un tessuto
tremante:
la tela
interminabile
delle alghe.
Sono
i guanti
a lutto
dell?oceano,
mani
di annegati,
vesti
funeree,
ma
quando
in cima
al muro dell?onda,
nella campana
del mare,
traspaiano,
brillano
come
collane
delle isole,
dilatano
i loro rosari
e il morbido turgore
navale dei loro picciuoli
oscilla
sotto il peso
dell?aria che le tocca!
Oh spoglie
del gran
busto marino
mai riesumato,
chioma
del cielo sottomarino,
barba dei pianeti
che ruotarono
bruciando
nell?oceano.
Galleggiando sulla
notte e la marea,
distese
come zattere
di pura
perla e gomma,
spazzate via
da un pesce, dal sole, dal latrato
di un?unica sirena,
di colpo
in una
risata di furia,
il mare
tra le rocce
del litorale abbandona
come brandelli
scuri
di bandiera,
come fiori caduti dalla nave.
E lì
le tue mani, le tue pupille
scopriranno
un umido universo di freschezza,
la trasparenza del
grappolo
delle vigne sommerse,
una goccia
del talamo
marino,
dell?ampio letto azzurro
decorato
con scudi d?oro,
mitili minuscoli,
verdi protozoi.
Arancioni, ossidate forme
di spatola, di uovo,
di palma,
ventagli
erranti
colpiti
dall?
interminabile
movimento
del cuore
marino,
isole dei sargassi
che fino alla mia porta
giungono
con la spoglia
degli
arcobaleni,
lasciatemi
portare al mio collo, intorno al capo,
i pampini bagnati
dell?oceano,
la chioma morta
dell?onda.
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